Di fronte al diffondersi del coronavirus, il Governo italiano ha emanato una serie di provvedimenti urgenti finalizzati al contenimento dell’emergenza epidemiologica, provvedimenti che hanno imposto restrizioni sociali sempre più severe, sino alla chiusura totale di tutte le attività, ad eccezione di quelle che garantiscono i servizi essenziali.

Per moltissime imprese, questa situazione ha immediatamente comportato un duplice ordine di conseguenze negative: da un lato, hanno subito un’improvvisa interruzione dei flussi di cassa, dall’altro, continuano ad essere obbligate a corrispondere un canone di locazione nonostante l’impossibilità di poter esercitare la loro l’attività.

Con riferimento, dunque, alle locazioni commerciali, la straordinarietà del momento induce a domandarsi se esistano rimedi legali utilizzabili dal conduttore per alleggerire in qualche misura il proprio obbligo contrattuale di pagamento del canone di locazione, quantomeno per il periodo di vigenza delle restrizioni in corso.

Ciò, sul presupposto che il conduttore abbia interesse a proseguire nel rapporto contrattuale.

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In primo luogo, va evidenziato come i provvedimenti restrittivi citati rientrino certamente tra gli “ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa” che configurano un’ipotesi tipica di “impossibilità sopravvenuta della prestazione” (cd. “factum principis”), il cui verificarsi è rilevante per l’ordinamento giuridico.

A tale proposito, viene in rilievo l’art. 1256 c.c., comma 2, che disciplina l’ipotesi di impossibilità sopravvenuta e temporanea della prestazione e che dispone: “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento (…)”. Anche l’art. 1218 c.c. prende in considerazione l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore, escludendo la responsabilità di costui per inadempimento o ritardo nell’esecuzione della sua prestazione.

Quello offerto dalle suddette norme è comunque un rimedio provvisorio, dal momento che il debitore resta pur sempre obbligato ad adempiere, solo che potrà farlo in un secondo momento (nella nostra fattispecie, quando l’emergenza sarà terminata e saranno riprese le attività commerciali), senza subire gli effetti negativi del proprio ritardato inadempimento, tra i quali, ad esempio, il decorso degli interessi di mora.

Inoltre, per il caso che una delle prestazioni dedotte in contratto sia divenuta parzialmente impossibile, l’art. 1464 c.c. stabilisce che: “L’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.

A ben vedere, tuttavia, l’obbligazione principale del conduttore di corrispondere il canone di locazione non è divenuta impossibile: in realtà, ad essere divenuta impossibile (parzialmente, posto che trattasi di impedimento temporaneo) è la possibilità per il conduttore di utilizzare appieno l’immobile oggetto della locazione, per l’esercizio dell’attività commerciale.

Non sembra, pertanto, che le norme sin qui citate siano utilmente invocabili dal conduttore.

Il factum principis, inoltre, viene in rilievo con riferimento al concetto di “eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione”, che trova la sua disciplina nell’art. 1467 c.c., il quale prevede che nei contratti a esecuzione continuata o periodica, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, mentre l’altra parte può evitarla offrendo una modifica atta a ricondurlo a equità.

Questa norma, al contrario di quelle sin qui citate, è senza dubbio applicabile alla fattispecie, anche se si rivela di scarsa utilità per il conduttore che voglia proseguire nella locazione, mentre è comunque rimessa al locatore la facoltà di offrire un’eventuale riduzione del canone.

In questo quadro normativo, che non sembra offrire appigli al conduttore, è pertanto benvenuto l’intervento del governo italiano che, con l’emanazione del D.L. n. 18 del 17/03/2010, ha previsto un contributo a favore dei conduttori degli immobili di cui alla categoria catastale C1 (botteghe e negozi), nella misura del 60% del canone di locazione, sotto forma di credito d’imposta.

In tal modo, si ristabilisce l’equilibrio sinallagmatico fra la principale obbligazione del conduttore, ossia il pagamento del canone, e quella del locatore, il quale, non va dimenticato, continua ad adempiere alla propria principale obbligazione, mettendo l’immobile a disposizione del conduttore, e tale suo adempimento conserva comunque un’apprezzabile utilità per il conduttore (il quale, ad esempio, continua a tenervi in deposito i propri beni e/o la propria azienda).

Dal contributo statale restano tuttavia esclusi i rapporti di locazione aventi ad oggetto tutti gli altri immobili non appartenenti alla categoria catastale C1 (si pensi, ad esempio, agli uffici e ai laboratori), in relazione ai quali è auspicabile un analogo intervento riequilibratore da parte dello Stato.

LE LOCAZIONI ALL’INTERNO DEI CENTRI COMMERCIALI

Un’ulteriore distinzione va fatta per le ipotesi in cui l’immobile oggetto della locazione non sia “indipendente” (il tipico negozio su strada), ma si trovi all’interno di un contesto più ampio, oggetto di un provvedimento di chiusura forzata. Si pensi, ad esempio, al frequente caso di un negozio all’interno di un centro commerciale chiuso a seguito dei provvedimenti emergenziali.

In questi casi, occorre verificare se l’attività commerciale svolta dal conduttore rientri o meno fra quelle che siano state interdette dai provvedimenti emergenziali.

L’ipotesi più semplice, è quella in cui l’attività del conduttore non rientri fra quelle temporaneamente vietate (si pensi, ad esempio, alle edicole, ai tabaccai, ai negozi di telefonia ed informatica): in questo caso, ad essere divenuta temporaneamente impossibile è la principale obbligazione del locatore, ossia quella di mettere a disposizione del conduttore l’immobile locato (art. 1573 c.c., n. 3).

Il conduttore, quindi, ben potrà invocare a suo favore la norma di cui al citato art. 1464 c.c. che, come detto, gli attribuisce il diritto di ottenere una corrispondente riduzione della prestazione dovuta, il che equivale a dire che per tutto il periodo in cui il locatore non può mettergli a disposizione l’immobile, il conduttore è esonerato dal pagamento del canone.

Più articolata, invece, è l’ipotesi in cui i provvedimenti di chiusura forzata abbiano colpito sia il centro commerciale (locatore), sia l’attività del conduttore.

In questo caso, se è vero che, da un lato, il locatore non può adempiere alla propria prestazione, dall’altro lato è anche vero che il conduttore sarebbe comunque impossibilitato a riceverla, così che si realizzerebbe uno squilibrio del sinallagma contrattuale qualora il conduttore decidesse di non corrispondere il canone di locazione.

In tali ipotesi, pertanto, qualora la tipologia dell’immobile oggetto della locazione non rientri fra quelle interessate dal contributo governativo riequilibratore di cui al citato D.L. 18/2020, alle parti non resterebbe che l’eventualità di una trattativa con cui prevenire gli esiti incerti di un eventuale contenzioso.

Non va dimenticato, infatti, che le parti, nell’esecuzione del contratto devono rispettare i principi di buona fede e correttezza previsti dagli artt. 1175 e 1375 del codice civile, espressione del dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione, principi che impongono a ciascuna delle parti del contratto di “agire in modo da preservare gli interessi dell’altra”.

Molte norme del codice civile si preoccupano del problema di ricondurre ad equità il rapporto contrattuale variato a seguito di determinate circostanze sopraggiunte.

Si pensi, ad esempio, per quanto riguarda specificatamente il contratto di locazione, alla riduzione o alla sospensione del canone locatizio per ricondurre a equità ed equilibrio il rapporto contrattuale, che viene prevista specificatamente per i vizi (art. 1578 c.c.), anche sopravvenuti (art. 1581 c.c.), e per il mancato godimento dell’immobile dovuto a riparazioni urgenti (art. 1583 c.c.).

Orbene, se è vero che le ipotesi sopra citate non sono perfettamente sovrapponibili alla fattispecie in esame, esse costituiscono comunque una solida base normativa per ritenere ammissibile un’applicazione analogica dei principi ivi sottesi.

Infine, sotto il profilo della causa del contratto, va altresì evidenziato come, nell’attuale fattispecie, la funzione economica tipica del contratto di locazione non sia di fatto realizzabile, dal momento che il conduttore non può svolgere l’attività commerciale per la quale aveva locato l’immobile, con la conseguenza che il contratto potrebbe ritenersi, seppur temporaneamente, privo di causa.

CONCLUSIONI

In conclusione, la tutela attualmente offerta ai conduttori che volessero proseguire nel rapporto di locazione nonostante la temporanea inibizione della loro attività, è quella contenuta nel D.L. n. 18 del 17/03/2020 che, quanto meno per le locazioni aventi ad oggetto gli immobili di cui alla categoria catastale C1, prevede un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione.

Invece, per le ipotesi in cui l’immobile oggetto della locazione si trovi all’interno di un contesto più ampio (ad esempio, gallerie o centri commerciali) oggetto di un provvedimento di chiusura forzata, i conduttori la cui attività commerciale non sia stata a sua volta interdetta, potranno usufruire del rimedio di cui all’art 1464 c.c. e sospendere il pagamento del canone, non più dovuto al locatore per tutta la durata dei suddetti provvedimenti.

Per tutti gli altri, in attesa di un’eventuale intervento statale che estenda le tutele economiche sin qui concesse, l’unica via percorribile è quella di intavolare una trattativa col locatore, richiamandolo ai doveri di buona fede e correttezza che devono in ogni tempo informare l’esecuzione del contratto e che sono divenuti ancora più stringenti con la drammatica emergenza in corso.

Avv. Antonio Nicoletti

Avv. Tiziano Buzzolani

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